Fisioterapia Maniscalco

Ictus cerebrale

Che cos’è l’ictus cerebrale?

L’ictus cerebrale è una lesione cerebro-vascolare causata da rottura o chiusura di un vaso cerebrale. Quando un’arteria nel cervello “scoppia” o si ostruisce, fermando o interrompendo il flusso di sangue, i neuroni, privati dell’ossigeno e dei nutrimenti necessari anche solo per pochi minuti, cominciano a morire.
Come un attacco di cuore, l’ictus può colpire improvvisamente, spesso senza preavviso e senza dolore.
Rappresenta la terza causa di morte e la prima causa di invalidità al mondo; risulta per cui fondamentale riconoscere i segni dell’ictus per intervenire il più velocemente possibile.

Gli ictus si possono suddividere in: ICTUS ISCHEMICO causato da ischemia; ICTUS EMORRAGGICO causato da un’emorraggia.

Quali sono le forme più frequenti di ictus e quali sono i soggetti più colpiti?

I.    L’ictus ischemico rappresenta la forma più frequente di ictus (80% circa) ed è più frequente nei maschi con età media ampiamente superiore ai 70 anni.

Tra gli ictus emorragici?

II.   Le emorragie intraparenchimali riguardano il 15%-20% e si pongono in una posizione intermedia tra la prima e la terza forma.
III.  Le emorragie subaracnoidee il 3% circa e colpiscono soprattutto le donne in età più giovanili (età media tra 48 e 50 anni).

1.    Ictus ischemico

ictus ischemico  L’ ictus ischemico si verifica in circa l’ 80% dei casi.
Noto anche come ictus trombotico o trombosi cerebrale, si genera quando, all’interno di un’arteria cerebrale, si forma un coagulo di sangue, il trombo, che restringe il vaso sanguigno. Questo processo può interrompere completamente il rifornimento nutritivo all’area cerebrale irrorata dall’arteria che si è occlusa. I trombi si formano molto spesso in vasi sanguigni danneggiati dall’aterosclerosi, una patologia nella quale le sostanze grasse si depositano sulle pareti arteriose riducendo gradualmente il flusso ematico. In altri casi un coagulo di sangue, l’embolo, che si è formato in un’altra parte del corpo, solitamente nel cuore, può immettersi nel flusso sanguigno e arrivare a ostruire un’arteria cerebrale di calibro leggermente inferiore alle dimensioni dell’embolo stesso.
L infarto cerebrale silente o “ictus silenzioso” è una lesione cerebrale causata probabilmente da un coagulo che interrompe il flusso di sangue nel cervello . E’ un fattore di rischio per un ictus futuro perché potrebbe portare ad un danno progressivo del cervello dovuto a questi piccoli ictus (demenza vascolare).

2.    Ictus emorragico

L’ictus emorragico è il risultato della rottura della parte di un vaso “debole” che, rompendosi, sanguina nel cervello circostante. Il sangue si accumula e comprime il tessuto cerebrale circostante provocaictus-ischemico2ndo dunque la lesione delle cellule cerebrali. Rappresenta solo il 15% di tutti gli ictus, ma è il più grave e potenzialmente fatale, perché si verifica quando  appunto un’arteria cerebrale si rompe.
Le cause possono essere diverse:

  • brusco aumento della pressione arteriosa (in questo caso si verifica spesso un’emorragia cerebrale)
  • rottura di un aneurisma, cioè di una porzione della parete di un’arteria malformata o che si è “sfiancata”
  • alterata coagulazione del sangue, per esempio in seguito a trattamento con farmaci anticoagulanti.

Ho sentito parlare di TIA, di cosa si tratta?

3.    TIA, (transient ischemic attack) ovvero attacco ischemico transitorio

ictus-ischemico3Spesso chiamati “mini stroke” questi segni di ictus , sono dei “campanelli d’allarme” e devono essere presi molto seriamente.
Il TIA è causato da un “coagulo temporaneo” che ostruisce un’arteria;  la sola differenza tra ictus e TIA è che il “blocco dell’ arteria” è temporaneo.
I sintomi del TIA si verificano molto velocemente e durano un tempo breve (da pochi minuti ad un’ora).  Contrariamente all’ictus il TIA non lascia danni al cervello.

I segni e sintomi del TIA sono gli stessi dell’ ictus:
Sebbene la maggior parte degli ictus non sia preceduto da un TIA , circa 1/3 dei pazienti che ha avuto un TIA ha un ictus entro un anno. Il TIA è un campanello d’allarme e dà la possibilità di prevenire un eventuale ictus.

Riconoscendo i segni di un TIA  e raggiungendo l’ospedale in tempi brevi, il paziente potrà essere valutato dai medici, si può identificare la causa del TIA ed iniziare un trattamento adeguato, medico o chirurgico (esempio una stenosi critica della carotide ) che può prevenire un ictus più severo.

Che cosa di deve fare dopo la diagnosi un ictus?

Superata la fase acuta dell’ictus, il soggetto che ne ha sofferto deve affrontare una serie di problemi, con l’aiuto dei familiari, del medico di medicina generale, dello specialista neurologo e del fisioterapista che riguardano soprattutto tre aspetti fondamentali:

  • Prevenzione secondaria delle recidive dell’ictus
  • Recupero delle funzioni nervose compromesse dall’evento cerebro-vascolare
  • Reinserimento sociale e familiare e trattamento delle complicanze

Per quel che concerne il nostro ruolo, il recupero delle funzioni nervose compromesse dall’evento cerebro-vascolare si ottiene soprattutto con la riabilitazione che può riguardare gli aspetti di alterazione del movimento dovuti all’ictus, ma anche gli aspetti che riguardano le funzioni cognitive, in particolare l’attenzione e i disturbi del linguaggio. Di tutte le persone che subiscono un ictus cerebrale circa un terzo resta permanentemente menomato. La riabilitazione deve iniziare già nella fase acuta, nella Stroke-Unit dell’ospedale. Alla degenza in Stroke-Unit, se necessario, deve far seguito la permanenza in un reparto di neuro-riabilitazione specializzata.

Se il malato è sufficientemente autonomo, la riabilitazione può essere effettuata senza ricovero, ma in centri o studi di fisioterapia, o comodamente presso il proprio domicilio.

Affinché la riabilitazione possa avere successo occorrono volontà e motivazione del paziente a collaborare per migliorare la propria situazione. Riabilitazione significa in primo luogo essere disposti ad imparare cose nuove e ad acquisire una miglior sensazione del proprio corpo.

La nostra riabilitazione persegue i seguenti obiettivi:

  • Ristabilire l’efficienza fisica e cognitiva del malato con ictus
  • Metterlo in grado di gestire di nuovo la vita di tutti i giorni, con o senza l’aiuto di altre persone
  • Aiutare il paziente a convivere nel miglior modo possibile con eventuali menomazioni permanenti
  • Suggerire i necessari adeguamenti dello stile di vita
  • Suggerire le necessarie modifiche dell’ambiente in cui vive il malato per il superamento delle barriere architettoniche eventualmente presenti
  • Evitare o ridurre le complicanze fisiche, psichiche e sociali negative dovute all’ictus
  • Svolgimento della riabilitazione

Nel momento in cui il malato ha un ictus, è difficile dire quanto dovrà  durare la riabilitazione, perché spesso non è possibile prevedere se l’eventuale menomazione sarà permanente e di quale gravità. La riabilitazione può quindi durare settimane, mesi o, in casi rari, anche più di un anno/i. Importante è che il paziente e i suoi congiunti abbiano pazienza e che gli esercizi siano svolti regolarmente. Miglioramenti delle funzioni colpite sono sempre possibili. Dopo un anno è comunque possibile che rimanga la necessità di cicli di riabilitazione cosiddetta di “mantenimento” per evitare che il malato perda i miglioramenti ottenuti.

Per la riabilitazione ci si può avvalere di alcune metodiche, tutte molte valide come: l’ETC, esercizio terapeutico conoscitivo (conosciuto anche come metodo “Perfetti”); il metodo Kabat; il metodo Bobath. Rimandiamo in dettaglio a ulteriori approfondimenti in merito alle diverse metodiche.

Scopi della Neuro-riabilitazione dopo ictus

Conseguenze dell’ictus cerebrale 

Obiettivi e attività della riabilitazione

Paralisi di metà del corpo o del viso (emiparesi)

Migliorare la mobilità
Imparare dei movimenti con cui compensare le paralisi
Imparare a compiere esercizi con i mezzi ausiliari

Difficoltà di deambulazione

Migliorare la capacità di camminare
Imparare a usare i deambulatori o la sedia a rotelle

Disturbi del linguaggio (afasia, disartria, disfonia) Difficoltà di deambulazione

Migliorare la capacità di parlare e di comprendere
Imparare altre tecniche di comunicazione

Disturbi della deglutizione

Trattare i disturbi della deglutizione affinché il paziente possa tornare a mangiare e bere
Adottare i mezzi che permettono di migliorare il disturbo della deglutizione e l’assunzione dei cibi

Disturbi della sensibilità, ad esempio della percezione della temperatura o del senso del tatto

Migliorare la percezione
Imparare a gestire i disturbi della sensibilità

Disturbi della vista, per esempio diplopia (veder doppio) o disturbi del campo visivo (emianopsia)

Migliorare la percezione visiva
Imparare con l’esercizio a gestire i disturbi della vista

Disturbi della percezione, quali ad esempio riconoscere dei visi

Migliorare la percezione
Imparare con l’esercizio a gestire situazioni della vita quotidiana

Aprassia (incapacità di compiere o effettuare correttamente dei gesti, in assenza di paralisi)  Cambiamenti emozionali

Reimparare passo a passo attività della vita di tutti i giorni
Imparare a gestire i disturbi dovuti all’aprassia

 Cambiamenti emozionali

Trattare le malattie psichiche
Attivare consulenza psicologica

 Disturbi della memoria

Esercizi per la memoria
Imparare a gestire i disturbi della memoria

Si comprende quindi come il campo d’azione sia molto ampio così come le scelte terapeutiche e riabilitative da attuare. Fondamentale è dunque affidarsi a Fisioterapisti esperti e, consentitemi il termine, di “larghe vedute”, non settoriali e forti sostenitori, a volte quasi “estremisti”, di una sola metodica riabilitativa. Fondamentale è agire sia dal punto di vista Cognitivo che Funzionale, spesso uno punto cardine dell’altro; l’importante è intravedere nell’esercizio la funzione, dunque l’obbiettivo che con esso si vuole raggiungere!

 

Dott. FT. Daniele Giannetti

Collaboratore Fisioterapia Maniscalco

Via Roccaporena 9 (collina Fleming) Roma

Cell. 347/1181697 studio: 06/64721081

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