Fisioterapia Maniscalco

Morbo di Alzheimer e Demenze

La malattia di Alzheimer è certamente la forma più conosciuta tra le demenze. Per comprendere al meglio quali sono gli aspetti che questa patologia coinvolge, risulta necessario esaminare in cosa consiste lo stato di demenza.

La demenza può essere definita come una perdita progressiva di diverse funzioni intellettive, abbastanza ingravescente da compromettere l’autonomia e lo svolgimento delle normali azioni quotidiane svolte dal soggetto affetto. Le comuni alterazioni riguardano la memoria, il pensiero e la comprensione, la consapevolezza e le emozioni ed il linguaggio. Il paziente presenta tipicamente:

  • disorientamento, specialmente nel tempomalattia di alzheimer
  • compromissione della memoria a breve termine
  • tendenza a dimenticare oggetti e gli appuntamenti
  • aumento della dipendenza dall’ambiente familiare
  • compromissione delle capacità organizzative
  • riduzione del vocabolario ed uso di espressioni semplici e scarne
  • difficoltà di calcolo e problematiche nella gestione del danaro
  • comportamento inappropiato accompagnato da reazioni emotive eccessive (labilità emotiva)

Una simile alterazione intellettiva sta diventando sempre più frequente, sia per l’aumento della vita media della popolazione e sia per l’aumento di patologie che predispongono all’insorgenza della condizione. E’ importante per questo motivo distinguere le diverse forme di demenza.

Classificazione

Malattia di Alzheimer

E’ una demenza corticale,cronica e progressiva, con eziopatogenesi sconosciuta, tranne che per un’esigua parte degli interessati, in cui si è evidenziata una predisposizione genetica. Viene anche detta demenza presenile: l’esordio è legato prevalentemente all’età, al di sopra dei 65 anni nel 60-70% dei casi. Secondo i dati risalenti allo studio “Epidemiologia della demenza di Alzheimer in Italia”, condotto nel 2005, soffrono di questa patologia all’incirca 492 000 soggetti e nel mondo almeno 26 milioni di persone, con una netta prevalenza del sesso femminile. In seguito alla diagnosi, l’aspettativa di vita media risulta di 3-9 anni. L’insorgenza della patologia è particolarmente insidiosa: essa interessa inizialmente la funzioni mnestiche (della memoria), per coinvolgere poi il linguaggio, le abilità spaziali ed accompagnarsi a cambiamenti repentini di umore, difficoltà nella pianificazione dei movimenti complessi (aprassia), stati depressivi ed incapacità nel prendersi cura di se stessi.

Alla base del declino cognitivo si riscontra :

  • una perdita di sinapsi, soprattutto a livello del lobo frontale e temporale (Atrofia corticale)
  • la presenza massiva di placche senili, corrispondenti ad ammassi extracellulari a livello dei corpi dendritici
  • grovigli neurofibrillari disseminati, fasci di filamenti elicolidali che si manifestano principalmente nel citoplasma dei neuroni.

malattia di alzheimer2

L’avanzamento della patologia è contraddistinto da un decorso caratteristico, in cui si individuano quattro fasi, ognuna corrispondente ad una modifica peggiorativa dell’assetto cognitivo.

Nella fase predemenziale, definita come la “mild cognitive impairment”, i sintomi vengono erroneamente attributi all’avanzamento dell’età. Il paziente manifesta difficoltà nel memorizzare fatti recenti ed acquisire nuove informazioni; anche l’umore peggiora con la comparsa di apatia ed irritabilità.

Nella fase iniziale risulta coinvolta maggiormente la coordinazione dei movimenti con problemi nella pianificazione degli atti motori complessi e fini, mentre la memoria episodica e procedurale appaiono conservate. Il linguaggio e la capacità espressiva subiscono un impoverimento.

La fase intermedia corrisponde al momento in cui risulta evidente l’incapacità del paziente di rispondere alle sue necessità. Si manifesta un aggravamento dell’incoordinazione motoria, con conseguente aumento delle cadute; il linguaggio risulta inadatto al contesto per la presenza di parafrasie e viene intaccata anche la memoria a lungo termine, tanto che spesso il malato non è più in grado di riconoscere neppure i suoi stessi parenti. La depressione e gli scatti d’ira sono frequenti ed il ruolo del “caregiver”, cioè di colui che “si prende cura” del paziente, sia familiare che operatore sanitario, appare essenziale. E’ in questa fase che iniziano a comparire anche disturbi relativi al incontinenza.

Nella fase terminale, l’autonomia del malato nello svolgimento delle più basilari mansioni viene a mancare: il paziente permane per buona parte della giornata a letto, assente, fortemente apatico ed inconsapevole della sua patologia. Questa condizione favorisce l’ipotonia, la riduzione di mobilità e l’instaurarsi di una condizione di deterioramento fisico, oltre ad uno stato di totale dipendenza nei confronti della rete assistenziale circostante.

Demenza con corpi di Lewy

Rappresenta il 15% delle demenze totali e si riscontra per la presenza dei cosiddetti corpi di Lewy, aggregati di proteine anomali, all’interno delle strutture neuronali. I sintomi principali sono simili a quelli causati dal morbo di Alzheimer, ma in aggiunta vi è la possibilità di sviluppare parkinsonismi, allucinazioni visive ed episodi confusionali.

Demenza vascolare

Questo tipo di demenza riguarda il 20% delle demenze ed è causata da danni localizzati a livello dei vasi cerebrali, principalmente dovuti a diabete, ad ipertensione e ad iperlipemia. Solitamente il decorso clinico è caratterizzato da una progressione “a scalini”: all’inizio si presentano i sintomi tipici della demenza, come gli errori di ragionamento e di giudizio, seguiti dalla compromissione del linguaggio, della memoria e da un disturbo dell’andatura, che risulta a piccoli passi. Specifica della patologia è anche la comparsa della sindrome pseudobulbare, in cui il malato presenta un deficit della motilità volontaria con annesse alterazioni dell’umore. Si aggiungono in un secondo momento, anche eventi infartuali distinti che provocano emiparesi, afasia e difetti del campo visivo.

Alcool e farmaci

Negli alcolisti spesso può manifestarsi demenza associata ad atrofia generalizzata per carenza di vit. B1, come accade nell’encefalopatia di Wernicke e nella psicosi Korsakoff. Uno stato di confusione, simile ad alla demenza, si accompagna invece all’assunzione prolungata di farmaci antidepressivi, tranquillanti, ipnotici, antiepilettici e analgesici.

Infezioni rare:

  • Hiv-AIDS: la demenza è di solito secondaria alla comparsa di un linfoma o all’insorgenza di un’encefalite primaria. Può essere inoltre secondaria a complicanze di immunodeficienze, provocate da infezioni opportunistiche.
  • Sifilide: ad oggi particolarmente rara, si accompagna a paralisi progressiva e a perdita della propriocezione e dei riflessi negli arti inferiori (Tabe dorsale).
  • Deficit di vit D.
  • Ipotiroidismo.

Altre patologie intracraniche:

  • Tumori cerebrali: solo occasionalmente diventano abbastanza grandi da provocare una
  • Ematoma subdurale cronico: è una condizione tipica dell’anziano con problemi della compromissione significativa delle funzioni cognitive. Se ciò accade, lo stato demenziale è inserito in un quadro di epilessia, ipertensione endocranica e deficit focali, coagulazione o alcolista, che non ha memoria dell’evento traumatico che ha provocato la lesione. Il soggetto risulta inquieto, particolarmente soporoso e con una compromissione intellettiva gradatamente ingravescente.
  • Idrocefalo cronico
  • Sclerosi multipli
  • Malattia di Huntington
  • Malattia di Pick
  • Malattia di Creutzfeldt-Jakob: solitamente provoca una demenza progressiva e devastante con mioclonie ed atassie, che annullano l’autonomia del paziente che ne è colpito. E’ da considerarsi come una condizione molto rara.

Diagnosi

La patologia viene diagnosticata tramite un attento esame obiettivo e per via della presenza di specifiche manifestazioni neurologiche. Nella quasi totalità dei casi, dialogando con il paziente per stilare l’anamnesi, si evidenzierà la compromissione delle funzioni intellettive. I colloqui con i familiari, in quanto caregivers, possono fornire altre testimonianze in merito al decorso della malattia e allo svolgimento delle attività della vita quotidiana. Per confermare la presenza di questo decadimento, i criteri diagnostici ad ora vigenti raccomandano l’esecuzione di test neuropsicologici in cui si vadano ad esaminare diverse abilità come la memoria, il linguaggio, l’attenzione, le abilità costruttive, l’orientamento nel tempo e nello spazio e la risoluzione di problemi. Tra i test di screening più riconosciuti ed utilizzati è importante citare il Mini Mental State Examination (MMSE): il test è costituito da 30 domande che saggiano distinte aree di competenza intellettiva; il paziente può totalizzare un massimo di 30 punti corrispondente ad uno stato di normalità cognitiva ed un minimo di 18 punti, che segnala una condizione di compromissione cognitiva avanzata.

Al fine di escludere altre cause di demenza o di valutare l’evoluzione del processo patologico, si deve effettuare l’esecuzione di ulteriori esami diagnostici come la risonanza magnetica, la tomografia computerizzata (TAC) e la tomografia ad emissioni di positroni (PET).

Trattamento

La malattia di Alzheimer costituisce una vera emergenza sanitaria, con costi destinati ad aumentare per l’aumento della vita media della società occidentale. La gestione del paziente affetto da una simile patologia grava sulla rete sociale che lo circonda, che deve essere informata ed in grado di potersi occupare del proprio caro nel miglior modo possibile. La creazione di un’alleanza terapeutica che si instauri tra i caregivers e le figure assistenziali, come medici, psicologi e fisioterapisti, è pertanto un elemento fondamentale. Coloro che si occupano del paziente devono infatti formare un vero e proprio team multidisciplinare, che possa rispondere sia alle necessità dell’individuo che alle domande dei familiari. Alla luce delle quotidiane conoscenze non esiste una cura efficace per la malattia di Alzhaimer e per le demenze in generale, perciò si opta per , mirati al ripristino dei fisiologici livelli di acetilcolina, che nella patologia sono alterati.

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Per quanto concerne l’aspetto riabilitativo, vi sono vari interventi che possono essere attuati:

  • Lo svolgimento di sedute di rieducazione motoria, volte al mantenimento di un buon tono muscolare e mirate a contrastare gli effetti nocivi di un prolungato allettamento.
  • La proposta di esercizi di riabilitazione neurocognitiva, nei quali si possa creare un setting terapeutico ricco di “cues” (spunti) combinati di tipo tattile, uditivo e visivo, finalizzati a stimolare le funzioni cognitive residuali del paziente.
  • Training cognitivi, focalizzati ad un lavoro privilegiato nei confronti delle funzioni mnestiche, in cui si mira al recupero delle capacità di immagazzinamento di nuove informazioni (encoding), che risulta particolarmente deficitaria nella patologia e al rinforzo della memoria implicita, come la rievocazione di ricordi (retrieval), la quale risulta relativamente conservata.
  • Terapie di gruppo come la musicoterapia, che favoriscano il coinvolgimento in attività motorie con soggetti con lo stesso tipo di problema. In tal modo il feedback sullo svolgimento degli esercizi deriva anche dal confronto e la formazione di un gruppo incentiva la socializzazione, così da contrastare condizioni di apatia e isolamento, che non di rado si riscontrano in questo tipo di realtà.

In conclusione, il trattamento della malattia di Alzhaimer si pone come scopi primari di rallentare la progressione della malattia, di creare una valida rete assistenziale attorno al paziente e ai suoi familiari e di rendere più sopportabile e meno gravoso il naturale decorso della patologia.

Essenziale è dunque avere in famiglia un punto di riferimento assistenziale che possa fare da raccordo alle varie problematiche emergenti. Eseguendo terapie domiciliari da tanti anni posso affermare che spesso questa figura è proprio il Fisioterapista. Essere un punto di riferimento per il nucleo famigliare è un nostro obiettivo e motivo di soddisfazione professionale.

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